Onorevoli Colleghi! - L'evoluzione del concetto di salute da assenza di malattie a completo benessere fisico, emotivo e mentale, apre uno spazio nuovo a tutti quegli approcci olistici che da terapie di nicchia, in senso lato, stanno facendosi largo in Europa.
      Quelle medicine o tecniche dapprima definite «alternative», stanno diffondendosi in strati sempre più ampi di popolazione e stanno inserendosi a integrare la medicina ufficiale.
      Questo segno dei tempi che l'Organizzazione mondiale della sanità aveva già saputo recepire nell'ormai lontano 1978 a sua volta è uno dei frutti degli stimoli del decennio precedente.
      C'è stato quindi un vero e proprio mutamento interpretativo: la cura non è più, riduttivamente, il trattamento della malattia e dei suoi sintomi, ma l'approccio alla totalità della persona nella sua complessità. Un recupero del concetto di persona intera ereditato dal passato, dalla medicina ippocratica se il riferimento è al nostro continente.
      In un quadro culturale di tale genere l'erboristeria si trova in una posizione del tutto particolare proprio per la materia che usa: la pianta officinale.
      In Italia l'erboristeria e l'erborista, l'una intesa come disciplina autonoma, relativa al riconoscimento, coltivazione, raccolta, trasformazione, preparazione di erbe e di piante medicinali e aromatiche, l'altro quale figura professionale tecnica di riferimento, sono stati riconosciuti ufficialmente nell'ordinamento normativo con la legge n. 99 del 1931. Con questa legge e con il relativo regolamento applicativo di cui al regio decreto n. 1793 del 1931, si rispondeva alle esigenze socio-economiche di allora, regolamentando un settore di cui si riconosceva l'importanza e si auspicava lo sviluppo.
      La figura dell'erborista è stata quindi introdotta nell'ordinamento normativo italiano, di fatto, con la legge n. 99 del 1931,

 

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con il suo regolamento attuativo e successive modifiche. Tale normativa risulta evidentemente insufficiente a definire una professione e a regolamentare un settore che ha visto negli ultimi trent'anni una significativa espansione dovuta all'intreccio di una molteplicità di fattori sociali, culturali ed economici.
      La citata legge del 1931, e la successiva giurisprudenza, pure con tutti i limiti che negli anni ha sempre più evidenziato, essendo nel frattempo mutato completamente lo scenario socio-economico e culturale, è stata quella che ha mantenuto aperto lo spazio affinché potesse esistere e svilupparsi l'erboristeria professionale italiana. Si può quindi affermare che l'erboristeria italiana è fortemente radicata nel tessuto sociale, è capillarmente presente su tutto il territorio nazionale, è una realtà consolidata anche sul piano economico, nella produzione, trasformazione e commercializzazione. Gli erboristi italiani hanno saputo coniugare la tradizione, la medicina popolare e le moderne acquisizioni scientifiche.
      Non a caso è stata proprio la categoria stessa a rivendicare con forza l'istituzione del primo corso di laurea in tecniche erboristiche, la professionalizzazione del settore e un rinnovo legislativo adeguato ai tempi e alle prospettive europee, in modo da salvaguardare la propria specificità e permettere alla professione un nuovo sviluppo.
      Attualmente ci troviamo di fronte a una realtà che vede di fatto l'erborista referente effettivo per chi intende rivolgersi alle piante officinali per il mantenimento del proprio benessere psico-fisico. L'erborista è sempre più preparato scientificamente grazie all'istituzione dei corsi di laurea triennali in scienze e tecnologie erboristiche e al continuo e puntuale aggiornamento professionale promosso dalle associazioni di categoria, ma non vede riscontro adeguato sotto il profilo normativo.
      Gli erboristi, in Italia, svolgono di fatto un lavoro capillare di educazione sanitaria, di informazione sulle piante medicinali e sull'uso delle stesse e una consulenza all'automedicazione responsabile con le piante officinali. Un lavoro sicuramente importante per la salute della popolazione che si trova sempre più in balìa di stimoli, suggestioni e messaggi pubblicitari a volte fuorvianti e che necessita di un orientamento qualificato e professionale.
      Contrariamente a quanto molti credono, l'erboristeria italiana non si è sviluppata in questi anni in regime di anarchia e di abusivismo, ma nel rispetto di normative che, seppur ormai obsolete e disarticolate tra loro, ne hanno determinato la dimensione attuale.
      Da oltre venti anni gli erboristi auspicano l'approvazione di una legge moderna e più attinente ai tempi. Troppe volte gli operatori del settore, loro malgrado, hanno dovuto subire eventi restrittivi o punitivi da parte delle autorità preposte alla vigilanza a causa dell'inadeguatezza di una normativa disomogenea e penalizzante, salvo poi essere assolti dall'autorità giudiziaria.
      È quindi evidente che una normativa che vede la luce nel lontano 1931, con il suo regolamento applicativo, non sia più in grado di rappresentare le esigenze di professionisti sempre più qualificati e di un settore in grande e costante espansione.
      La maggiore attenzione e consapevolezza dei consumatori rispetto al concetto di salute e all'autogestione della stessa impongono delle scelte legislative coerenti.
      Purtroppo a causa dell'obsolescenza della normativa del 1931 e a seguito della liberalizzazione delle attività commerciali, sempre più persone poco qualificate, inadeguate e improvvisate si sono inserite nel tessuto erboristico italiano, deteriorando pesantemente l'immagine dell'erborista diplomato e dell'erboristeria più in generale.
      È necessario quindi intervenire radicalmente con un atto normativo moderno che collochi, al pari di altre figure professionali, l'erborista nell'ambito delle professioni sanitarie non mediche e che regolamenti l'attività commerciale di erboristeria esaltandone tutte le peculiarità.
      Il perdurare dell'attuale situazione potrebbe determinare la perdita di una centenaria
 

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tradizione culturale propria del nostro Paese, provocando sicuri problemi di sopravvivenza alle migliaia di attività commerciali che vi operano, vanificando gli onerosi sforzi di quanti hanno creduto nel settore erboristico intraprendendo gli studi universitari, fiduciosi di trovarvi uno sbocco professionale ed economico.
      L'uso che l'erborista fa delle piante coniuga la conoscenza tradizionale alla ricerca scientifica, e trae combinazioni che mirano sempre, oltre che all'eliminazione del sintomo, al riequilibrio dell'intero organismo. Proprio per questa sua peculiarità l'erborista ha un proprio ruolo storico e uno spazio proprio che non invade quello di altre figure sanitarie. Non quello del medico, visto che non fa diagnosi né terapia, né quello del farmacista che, nella società attuale, non è né può essere il referente specifico ed esclusivo per le piante officinali visto che il suo ruolo, la sua mentalità, il suo back-ground culturale, la sua esperienza lavorativa, il suo curriculum di studi, sono altri.
      La maggiore sensibilità della popolazione all'autogestione della salute e il ricorso sempre in aumento a tutte quelle pratiche genericamente definite «dolci» hanno portato, per quanto riguarda l'ambito delle piante officinali, a un maggiore ricorso all'erborista quale figura professionale tecnica di riferimento per il consiglio e la consulenza in questo campo. Nel contempo vi è stata una riqualificazione della preparazione tecnico-scientifica dell'erborista con l'istituzione della laurea in scienze e tecnologie erboristiche ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, ora sostituito dal regolamento di cui al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270. Tale iter formativo sostituisce, di fatto, quello previsto con il decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 6 giugno 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 41 del 19 febbraio 1996, relativo all'istituzione del corso di diploma universitario in tecniche erboristiche che aveva a sua volta sostituito quello indicato nella legge del 1931. È ormai indispensabile e improcrastinabile che al mutamento di condizioni socio-culturali ed economiche, in aggiunta a quello del curriculum formativo dell'erborista, faccia seguito un adeguato rinnovamento legislativo che, partendo dalla realtà fattuale, la riconosca in modo da garantire il consolidamento e lo sviluppo di un intero settore e il diritto al riconoscimento di una professione che ha un ruolo sociale ormai consolidato.
      Mentre nei Paesi in via di sviluppo il ricorso alla medicina erboristica è una necessità, sia per ragioni culturali che di costi, nel mondo industrializzato il problema è differente. Le patologie croniche, ampiamente diffuse, unite all'invecchiamento progressivo della popolazione, portano alla ricerca costante di supporti per una «migliore qualità della vita», e permettono, nel contempo, di mantenere una vita di relazione soddisfacente. L'erboristeria offre utili risposte nei confronti di questi problemi.
      A Copenhagen nel settembre 1998 è stato definito il programma «European Health» in cui si auspica che dal 2010 tutti gli Stati membri europei possano garantire che le professionalità sanitarie e quelle ad esse collegate in altri settori abbiano acquisito adeguate conoscenze, procedure e competenze per promuovere la salute nelle rispettive popolazioni. L'Italia ha la ricchezza di avere, nel campo delle piante medicinali, già a disposizione una categoria qualificata che lavora da sempre con un approccio olistico agli squilibri funzionali dell'organismo. Occorre che a questa categoria venga riconosciuto questo merito e quindi sia valorizzata per il lavoro che concretamente svolge.
      Sviluppo possibile questo, che metterebbe al servizio della collettività risorse preziose che oggi non si possono esplicare in pieno.
      Sarebbe ovviamente auspicabile che venga reso possibile un collegamento stabile con gli organismi professionali europei degli erboristi, in modo da poter lavorare a un curriculum formativo il più
 

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possibile omogeneo, pure tenendo conto delle peculiarità nazionali, in vista di quella libera circolazione delle professioni che prima o poi dovrà trasformarsi da enunciato a realtà. Nella prospettiva che l'erborista possa divenire un referente, oltre che nell'automedicazione, anche per il medico che intenda operare con le piante medicinali. A tale proposito è importante citare l'innovativo esperimento effettuato presso alcuni ospedali della regione Toscana relativamente all'inserimento dell'erborista, quale consulente presso i pazienti sul corretto utilizzo e sulla somministrazione di miscele di erbe infusionali di conforto e di supporto alle terapie mediche.
      La proposta di legge in oggetto mira ad assegnare un ruolo e uno spazio propri all'erborista anche e soprattutto al fine di evitare conflitti con altre figure professionali, al pari di altri Paesi, quali la Gran Bretagna, rispetto alla quale troverebbe il suo omologo nella riconosciuta professione dell'Herbal Practitioner.
      È necessario che la futura legge sia in grado di entrare nel merito dell'operatività professionale dell'erborista. In particolare deve essere garantita la libertà di miscelazione anche estemporanea delle piante officinali e dei loro derivati, giustificata dalla formazione tecnico-scientifica degli erboristi e motivata dalla necessità di soddisfare le richieste dei consumatori. Dalla pratica della miscelazione vanno ovviamente escluse solo le piante tossiche e velenose la cui utilizzazione rimane possibile in ambito strettamente medico-farmaceutico.
      All'erborista spetterà quindi il compito di consigliare opportunamente i consumatori sul corretto utilizzo delle piante officinali, dei loro derivati e dei prodotti naturali in genere, consiglio dovuto quando essi vengono utilizzati per finalità salutistiche e per l'ottimizzazione dello stato di benessere della persona.
      Sulla base di quanto esposto si ritiene che una nuova normativa non dovrebbe prescindere dal garantire una giusta collocazione alla figura professionale dell'erborista, quale operatore sanitario non medico: individuare competenze specifiche e ruolo derivanti dal percorso formativo universitario della laurea che deve divenire abilitante alla professione, definire il controllo dei requisiti delle piante vendibili, il confezionamento e l'etichettatura dei prodotti, in armonia con le normative nazionali e comunitarie, individuare l'erboristeria come disciplina autonoma, quale di fatto è storicamente divenuta.
      La legge 1o febbraio 2006, n. 43, prevede la delega al Governo per l'istituzione degli ordini professionali relativi, in particolare, alle seguenti fattispecie di figura professionali: professioni sanitarie infermieristiche ostetrica, tecnico-sanitarie e della prevenzione». Ad esempio l'igienista dentale, il dietista, il podologo, il fisioterapista e altre figure professionali appartenenti alle ex arti ausiliarie sanitarie (come l'ottico), che sono state riconosciute vere e proprie professioni sanitarie.
      È pertanto indispensabile definire precisamente l'ambito di competenza e di operatività specifica dell'erborista, anche rispetto alle tecniche analitiche e di trasformazione del materiale vegetale. Altresì è indispensabile definire l'attività professionale e commerciale di erboristeria e indicare la laurea in scienze e tecnologie erboristiche come abilitante alla professione di erborista.
      La futura legge dovrà prevedere l'istituzione di appositi registri degli erboristi gestiti a livello regionale a specifica tutela del cittadino, anche con l'ausilio delle associazioni di categoria di riferimento quali soggetti garanti di un percorso formativo professionale e di aggiornamento per i professionisti in attività.
      Altrettanto necessaria è una precisa definizione dei titoli e dei requisiti professionali che identificano correttamente la figura dell'erborista, anche al fine di una maggiore tutela del consumatore.
      Ovviamente a tutela di coloro che già operano da anni nel settore si dovrà pensare a una parificazione del «vecchio» titolo con quello indicato nella proposta di legge, come è accaduto già per altre professioni.
 

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Si dovranno definire le modalità di adeguamento per coloro che alla data di entrata in vigore della legge, pur essendo titolari di una erboristeria, non saranno in possesso dei titoli per continuare ad esercitare la loro attività.
      Un'apposita tabella (tabella A) individua le piante officinali che per la loro elevata tossicità, anche a livelli minimi, sono da impiegare a scopo medicinale e il cui uso è riservato alle officine farmaceutiche e al farmacista su ricetta medica obbligatoria.
      Deve altresì essere data una chiara definizione di «laboratorio annesso all'esercizio di vendita», in cui l'erborista in regola con le prescritte autorizzazioni provvede alla preparazione dei rimedi erboristici secondo le sue specifiche competenze.
      È auspicabile inoltre che la coltivazione delle piante officinali non sia considerata pratica agronomica generica ma speciale, con la necessità di una formazione specifica del coltivatore e della consulenza come responsabile di un erborista titolato.
      In definitiva possono essere tracciate le linee guida della proposta di legge in oggetto:

          1) una proposta di rinnovo legislativo deve tenere conto dei mutamenti socio-economici e culturali avvenuti dal 1931 ad oggi e del quadro complessivo reale su cui va ad operare;

          2) la realtà è quella dell'esistenza consolidata di una disciplina autonoma definibile come «erboristeria», che si basa principalmente sull'uso di preparati erboristici caratterizzati dalla presenza del fitocomplesso, quale approccio olistico agli squilibri funzionali dell'organismo e al mantenimento della salute e dello stato di benessere. La materia vegetale è lo strumento primario di tale pratica tradizionale;

          3) la figura professionale di riferimento nell'orientamento della scelta dell'utente è l'erborista, quale tecnico esperto nella conoscenza delle piante officinali e del loro uso;

          4) con l'istituzione della laurea in scienze e tecnologie erboristiche, l'operatore erboristico contemporaneo ha conseguito una più adeguata preparazione tecnico-scientifica nella conoscenza e nella gestione razionale delle piante officinali, che lo ha messo in grado di operare «a 360 gradi» nel settore delle piante officinali, dalla coltivazione al prodotto finito passando attraverso tutte le fasi intermedie, dal controllo di qualità alla formulazione di nuovi prodotti.

      Conseguenze e punti qualificanti della proposta di legge:

          1) riconoscere il ruolo dell'erborista come tecnico specializzato nel campo delle piante officinali e del loro uso;

          2) collocare la figura professionale dell'erborista nell'ambito degli «operatori sanitari» (al pari di altri operatori quali, ad esempio il dietista, il podologo, l'ottico, eccetera), essendo punto di riferimento per l'utente nel campo dell'autogestione della salute con le piante officinali;

          3) definire precisamente l'ambito di competenza e di operatività specifica dell'erborista, anche rispetto alle tecniche analitiche e di trasformazione del materiale vegetale che gli competono;

          4) definire l'attività professionale e commerciale di erboristeria;

          5) indicare la laurea in scienze e tecnologie erboristiche e i diplomi in erboristeria come titoli abilitanti alla professione di erborista;

          6) prevedere la necessità dell'istituzione di un registro regionale degli erboristi abilitati;

          7) parificare il titolo di studio previsto dalla legislazione previgente per svolgere la professione di erborista con quello indicato nella nuova normativa;

          8) prevedere l'adeguamento professionale per coloro che alla data di entrata in vigore della legge non sono

 

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in possesso dei titoli ivi previsti per continuare a svolgere la professione;

          9) allegare alla legge una tabella comprendente le sole droghe la cui vendita va riservata al farmacista in farmacia su ricetta medica obbligatoria;

          10) prevedere la costituzione di un laboratorio annesso all'esercizio di vendita, autorizzato per l'allestimento di preparazioni erboristiche non preconfezionate esitabili esclusivamente nello stesso esercizio di vendita;

          11) considerare la coltivazione delle piante officinali non come pratica agronomica generica ma speciale, con la necessità di una formazione specifica del coltivatore o della consulenza e responsabilità di un erborista titolato.

      La figura dell'erborista operatore sanitario nel campo delle piante officinali, in grado di assolvere coscientemente l'importante funzione di filtro nei confronti del consumatore che in lui ripone fiducia, si integra perfettamente con le altre figure sanitarie, sia della medicina allopatica che delle varie medicine cosiddette «complementari». È l'integrazione di tutti questi saperi che può fare davvero compiere il salto di qualità necessario affinché venga di nuovo rivalutata la centralità della persona, finalmente libera di scegliere i propri riferimenti nel campo della salute e tranquillizzata dal fatto che le molte opportunità possono integrarsi tra loro al fine di raggiungere al meglio l'obiettivo della salute e del benessere completi.

 

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